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Immagine del redattoreA C H E N I

Delle cose impossibili che sono solo punti di vista differenti.



‘La tua brigata è la tua famiglia’.

Questa è, senza alcun dubbio, la prima regola di ogni cucina.

Se qualcuno fra voi ha letto 'Kitchen Confidential', saprà che se sei lontana da casa migliaia di chilometri, le uniche facce amiche su cui potrai contare saranno i tuoi ‘fratelli’ di brigata.

Per qualsiasi cosa.


Verissimo!

Anche perché chi ha mai fatto quella vita sa che non esiste un’altra vita.

Sono entrata in questo mondo da totale profana, non ero mai stata dietro le quinte di quell'orchestra che mi è sempre sembrata meravigliosa.

Finché un giorno ci sono entrata anch’io.

Ciò che ho vissuto in questi ultimi sette anni, è stato così esponenzialmente ogni cosa, che credo di poter affermare di aver perso ogni genere di pregiudizio.

È chiaro che non tutte le brigate sono perfette, ma certamente ciascuna è disastrata a modo suo.

Fare la cuoca mi ha insegnato che posso lavorare al fianco di persone che, con ogni probabilità, non avrei mai avuto l’opportunità d’incontrare in circostanze diverse.

Eh si, perché questo mestiere non seleziona i suoi adepti in base a criteri troppo sofisticati.


Ed ecco come la principessina di casa che ero, ha dato alla luce la scaricatrice di porto!

No, ma quasi.


Ho avuto la fortuna d’imparare sia da grandi cuochi che da ex detenuti, da ragazzi venuti da lontano e ancora da gente che raccontarla non ci si riesce.

Ognuno mi ha lasciato il suo insegnamento, ognuno è un mattoncino di un disegno che non vuole più essere proteso verso ciò che si pensa sia giusto, ma vuole essere proteso e basta, con lo scopo di conoscere.

Così sono diventata meno attenta alla forma e più alla sostanza.

Ecco la grande lezione che la cucina mi ha insegnato: l’umiltà.

La brigata fa accettare che la famiglia non la scegli, ti capita.


Ma soprattutto, la brigata di cucina, mi ha insegnato a resistere alla tensione, a chiedere aiuto quando è strettamente necessario ma anche no, che posso farcela meglio senza droghe a lavorare più di quindici ore di fila, che a fine serata c’è sempre un calice da condividere e che pulire la cucina è divertentissimo, se lo fai con le persone giuste.

Che le cose impossibili non esistono, ma i punti di vita da cui si guardano le cose, quelli si.


Lui è Giampiero, il fratellone.

Lo abbiamo conosciuto in un buco di cucina a Trastevere.

Quel buco ci ha lasciato in dono due dei regali più preziosi che la cucina ci ha fatto, uno è lui, l'altro è Necci.

Loro sono un filo che non si spezza mai, nonostante le distanze e le assenze.

Ci hanno viste diventare.

Ci continuano ad accompagnare, credo lo faranno per moltissimo tempo.

Credo che questo pensiero mi fa bene al cuore.


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